
I ricercatori stanno rilevando un legame tra lo sport o l'attività fisica moderata purchè quotidiana e un notevole miglioramento del microbiota intestinale.
Sembra che l'esercizio fisico quotidiano sia l'ingrediente che giova maggiormente ai cosiddetti batteri amici molto più di allenamenti sportivi intensi fatti una due volte a settimana.
Da sempre è risaputo che l'attività fisica e il movimento in generale siano dei toccasana per la salute fisica in generale. Ma qui si parla per la prima volta di un intervento diretto sul miglioramento del microbiota che sta alla base del nostro sistema immunitario. Vediamo quali sono i meccanismi che favoriscono questa condizione.
I ricercatori hanno formulato diverse teorie sulla questa vasta risposta positiva del microbiota all'attività fisica e tra le altre hanno scoperto che la maggior produzione di acido lattico derivante appunto dall'attività sportiva, finendo nell'intestino, costituisce il carburante preferito dei batteri buoni che matabolizzandolo assieme all'apporto di molta acqua e cibo ricco di fibre (cereali, frutta, verdura, legumi), si rinforzano notevolmente arricchendosi anche di elementi nuovi. E' risaputo infatti che una flora batterica variegata con oltre 1000 specie di versi di batteri buoni è molto più efficiente di un microbiota costituito da poche colonie differenziate.
Ed essendo il nostro intestino il centro nevralgico del sistema immunitario è comprensibile a che livelli di beneficio si può arrivare attraverso questi importanti accorgimenti da assumere nel proprio stile di vita. Sport o movimento costante, tanta acqua, frutta, verdura cereali e legumi.
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E' successo ad una donna di 61 anni, paziente oncologica con una forma metastatica. E lo riporta Repubblica in uno dei suoi celebri articoli.
Dopo la somministrazione del vaccino anti-covid ad mRna ritenuto importante per i soggetti deboli, la massa tumorale ha cominciato a regredire spontaneamente. I ricercatori cercano ora di comprendere i meccanismi immunitari che ciò ha contribuito ad attivare, in modo da duplicare il fenomeno e sfruttarlo in futuro.
Non è un mistero infatti che erano allo studio vaccini anti cancro proprio sfruttando l' mRNA. Vediamo quindi di capire come l'organismo possa essere stato stimolato a produrre più cellule immunitarie che hanno contribuito anche a contrastare metastasi e tumore primario.
Per cause ambientali o meno, tutti i gironi nel nostro corpo si accumulano mutazioni del DNA potenzialmente pericolose e per arginare questo effetto legato anche all'invecchiamento, il nostro organismo ha dei validi soldati che sono dei particolari tipi di globuli bianchi chiamati appunto Natural Killer. Il compito è quello di individuare per tempo tutte queste mutazioni e distruggerle prima che si accumulino e creino danni con la formazioni di un tumore vero e proprio. Se però la massa tumorale dovesse cominciare a crescere subentrano altri tipi di soldati molto più agguerriti chiamati linfociti T citotossici. Così come avviene nelle infezioni da virus questi particolari linfociti individuano le cellule tumorali e le uccidono.
La paziente in questione era affetta da un carcinoma mioepiteliale della ghiandola salivare con metastasi polmonari. Dopo intervento e radioterapia la paziente ha sviluppato delle metastasi e nel frattempo ha ricevuto le prime due dosi del vaccino anti-covid. La reazione immunitaria fu molto forte con febbre, dolori, mal di testa e spossatezza, ma nei giorni successivi dopo la doppia inoculazione i medici valutando la stadiazione tumorale riscontrarono una diminuzione del 13% fino ad un 70% della presenza tumorale rispetto a quelle pre-vaccino.
L'idea è che il vaccino scatenando un maggior numero di soldati immunitari all'interno dell'organismo, abbia contribuito indirettamente all'aumento dell'efficacia delle cellule natural killer e dei linfociti T anche contro il Tumore che si trovava proprio in quello stesso ambiente biologico così allarmato dal sistema immunitario.
Questo caso pionieristico farà si che si riprendano in mano i progetti per i vaccini anti cancro che sfruttano proprio l'mRna e l'addestramento mirato delle cellule natural Killer a distinguere e distruggere determinati carcinomi. Così come riferisce il professor Alberto Mantovani nell'intervista ricevuta dal Corriere della Sera.
LA SINDROME DELLE APNEE OSTRUTTIVE DURANTE IL SONNO
La sindrome delle apnee ostruttive durante il sonno ( OSAS ) è un disturbo respiratorio del sonno caratterizzato da episodi ripetuti di completa o parziale ostruzione delle vie aeree superiori associate a cadute dell’ ossigenazione del sangue. Le ripetute apnee ed ipopnee determinano uno sforzo respiratorio notturno con possibili modificazioni della frequenza cardiaca ed aumento dei valori pressori durante il sonno, possibile compromissione della ossigenazione notturna, e frammentazione del sonno.
Presso la Farmacia Calò a Bari è possibile richiedere il monitoraggio notturno del sonno con applicazione di apposito apparecchio misuratore, e attendere diagnosi dall'esito.
L’ OSAS è un fattore di rischio per malattie cardio e cerebro-vascolari ( Ipertensione arteriosa sistemica con scarso controllo farmacologico; cardiopatia ischemica e scompenso cardiaco; aritmie cardiache; ictus cerebri ); inoltre la sonnolenza diurna OSAS-correlata determina un maggior rischio di incidenti alla guida di veicoli ed infortuni sul lavoro.
Definizione di OSAS
«Eccessiva sonnolenza diurna non imputabile ad altri fattori e/o due o più dei seguenti sintomi: russamento rumoroso; senso di soffocamento/respiro ansimante, durante il sonno; risvegli notturni ricorrenti; sonno non ristoratore; stanchezza diurna; ridotta capacità di concentrazione…».
Sintomi Diurni:
Sintomi Notturni:
Principali fattori di Rischio:
Il sonno e gli incidenti stradali: La Direttiva n. 2014/85/UE
Oltre 800 automobilisti muoiono ogni anno sulle strade italiane per distrazione, sonnolenza, difficoltà di concentrazione e scarsa reazione agli imprevisti durante la guida. Molte di queste cause sono indotte dalla sindrome delle apnee nel sonno ( OSAS ), caratterizzata da ricorrenti episodi di ostruzione parziale o totale delle prime vie aeree durante il sonno che compromettono il riposo notturno a scapito della capacità di attenzione durante la veglia. Ne sono affetti 1.600.000 italiani, ma solo il 10% di questi lo sa e si cura in modo appropriato. Gli automobilisti che soffrono di questa sindrome corrono un rischio fino a 7 volte maggiore di provocare un incidente stradale.
Dal 2016 è entrata in vigore la Direttiva Europea del primo luglio 2014, n. 2014/85/UE. Chi si troverà a conseguire la patente o a rinnovarla dovrà dimostrare di non soffrire di disturbi del sonno o di essere in adeguato controllo terapeutico. Saranno obbligatori nei soggetti a rischio gli interventi diagnostici, terapeutici ed i controlli periodici atti a mantenere l’idoneità alla guida.
Chi è a rischio
Il sintomo principale della OSAS è l’eccessiva sonnolenza diurna, condizione che molte persone hanno difficoltà a percepire o quantificare, perché la confondono con la stanchezza, lo stress o la fatica fisica. In genere queste persone vengono a visita medica spinte dal partner che dorme vicino a loro, infastidito dall’ intensità del russamento e preoccupato per gli episodi di mancanza di respiro.
Le cause principali (85% dei casi) sono il sovrappeso e l’obesità, soprattutto con un eccesso di grasso a livello dell’addome e della zona perifaringea , tipico degli uomini.
Quando giunge il sonno il tono dilatatore delle prime vie respiratorie viene meno, quindi se c’è una riduzione del lume per deposizione di grasso attorno alla zona del faringe questo si sommerà al fenomeno fisiologico determinando episodi di chiusura parziale o addirittura completa del lume con pericolose apnee o cessazione completa del respiro. Lo sforzo necessario per contrastare questi episodi comporta dei microrisvegli che interrompono il sonno profondo, quello che consente il riposo e determinano la tipica sonnolenza diurna.
Il fumo di sigaretta, l’uso di sedativi e sonniferi, l’alcool sono fattori che aggravano una OSAS già esistente.
La Diagnosi
La diagnosi della Sindrome delle apnee ostruttive notturne si effettua mediante l’esecuzione di una polisonnografia, Si tratta della registrazione continua durante il sonno, per tutta la notte, di diversi parametri: quali i movimenti toracici e addominali, il flusso aereo attraverso il naso e alla bocca, la saturimetria, la frequenza cardiaca e il russare. L’esame si svolge a livello ambulatoriale. Il paziente può effettuare l’esame dormendo nel proprio letto, in condizioni fedeli al normale riposo del soggetto.
La Terapia
A seconda della gravità della patologia e delle cause rilevate durante la registrazione dell’esame si valuterà una terapia comportamentale (calo ponderale, sospensione degli alcolici/ipnotici/caffeina prima del riposo notturno, terapia per il reflusso gastroesofageo, sospensione del tabagismo), posizionale (nel caso in cui, ad esempio, si rilevino apnee esclusivamente in decubito supino), trattamento protesico – ortodontico, trattamento ventilatorio con dispositivi a pressione positiva (CPAP, Bi-Level, autoSV), terapia chirurgica.
E' stato osservato dalla ricerca internazionale sull'Alzheimer, che i livelli plasmatici della proteina fibrillare acida della glia conosciuta come Gfap, rappresentano un vero e proprio sensibile biomarcatore principalmente nei primi stadi della malattia di Alzheimer. Questo rende tale esame clinico una sorta di strategia pre-tempo, per stabilire predisposizione ed evoluzione con largo anticipo.
I livelli della Gfap infatti aumentano significativamente nello stadio preclinico e in quello sintomatico della malattia di Alzheimer.
A corredo di quelle che sono considerate a tutti gli effetti delle armi di indagine e prevenzione anticipata, ritroviamo anche la ricerca dell'enzima chiamato PHGDH. In genere viene riscontrato nel sangue degli anziani e può essere considerato un altro campanello d'allarme per la malattia di Alzheimer.
Altro studio è quello condotto in Svezia dove i ricercatori hanno scoperto che elevati livelli sanguigni della proteina P-tau217, rivelerebbe una malattia di Alzhaimer preclinica precoce.
E' risaputo che grazie al largo anticipo temporale e grazie ad opportuni integratori a base di omega3 o olio di Canapa, o perfino con cure mirate che utilizzano le monoclonali, è possibile rallentare, combattere, o addirittura scongiurare l'evolversi di una malattia assolutamente invalidante e terribile che colpisce un numero sempre più elevato di persone anche in età giovanile.
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